giovedì 2 febbraio 2012

1967: the summer of love





Il 1967 fu un anno fondamentale per la storia del rock. Anno di preparazione del famoso '68, il '67 rimane noto come l'anno della "Estate dell'Amore", lanciata dagli hippie di San Francisco. Il 1967 fu l'anno in cui tutte le istanze culturali e politiche progressiste del periodo si saldarono fra di loro: le rivendicazioni politiche degli afroamericani e degli attivisti dei movimenti per i diritti civili; gli hippie pacifisti e portavoce della cultura della droga e del libero amore; la rabbia e la contestazione della guerra in Vietnam e della paciosa, ingessata e conformista vita borghese; il femminismo (rappresentato da figure femminili che incarnavano un ruolo di potere, indipendenza ed emancipazione sessuale, quali Grace Slick, cantante dei Jefferson Airplane, e Janis Joplin); le rivendicazioni studentesche in Europa; e il tutto mediato e trasmesso dalla musica rock che, anche a partire dalla lezione di Bob Dylan, dei Byrds, dei Fugs, aveva ottenuto una dignità intellettuale che la portava al di fuori del mondo delle canzonette. Il festival pop di Monterey, USA (16-18 giugno 1967) fu in un certo senso il battesimo del rock moderno, e la consacrazione dello stesso come principale mezzo di diffusione del messaggio dei giovani progressisti in tutto il mondo.

Fu proprio in occasione di questo festival che avvenne il lancio definitivo sulla scena mondiale di Jimi Hendrix e degli Who, protagonisti assoluti di Monterey, dove si esibivano star già affermate ma anche artisti che ancora non avevano pubblicato un disco, come i Big Brother & the Holding Company guidati dalla strepitosa Janis Joplin. Ella stessa ottenne qui la sua consacrazione a stella di prima grandezza della controcultura e della musica dell'epoca.

Le contraddizioni interne al movimento e alla musica rock non sono certo io che posso spiegarle - non sono né uno storico né ho vissuto quegli anni. Eppure è significativo che le grandi case discografiche cercarono di monetizzare il successo delle band e degli artisti dell'epoca, che di certo non si fecero pregare per firmare per le major. Qualcuno poi ebbe da pentirsene; altri, passato il periodo d'oro, fecero i soldi saltando sul successivo carro del vincitore; alcuni rimasero coerenti e pagarono in misura maggiore o minore la coerenza, o divennero artisti di culto e rispettati per essa.
Tutto ciò, comunque, nel 1967, era ancora di là da venire. E a noi interessa soprattutto concentrarci sulla musica.
Dal punto di vista musicale, il 1967 fu importante anche perché diversi dischi incisi nel 1966 furono pubblicati solo quest'anno: ne abbiamo parlato nel capitolo precedente, e ricordiamo l'importanza e l'influenza dei dischi d'esordio dei Doors (pubblicato a gennaio) e dei Velvet Underground (a marzo), del secondo disco di Frank Zappa con le Mothers, ovvero "Absolutely Free" (a marzo), del secondo disco dei Jefferson Airplane, "Surrealistic Pillow" (a febbraio), i cui singoli "Somebody to Love" e "White Rabbit" erano già usciti nel 1966 attirando l'attenzione degli Stati Uniti sulla nascente scena psichedelica. Non è nostra intenzione però seguire un 'ordine di pubblicazione', quanto seguire lo sviluppo cronologico degli artisti nel corso di quest'anno.

L'ordine con cui vengono presentati i brani nel filmato è quindi il seguente: per primo, il brano simbolo dell'estate dell'amore e di San Francisco come 'capitale degli hippie'. Scritto da John Phillips dei Mamas & Papas e interpretato da Scott McKenzie, "San Francisco" ebbe anche successo nella versione italiana di Bobby Solo (decisamente inferiore per svariati motivi).

In seguito, mostriamo tre canzoni tratte da esibizioni del festival di Monterey: Janis Joplin coi Big Brother; l'ultima canzone della performance degli Who, che chiudono distruggendo tutti gli strumenti; e poi Jimi Hendrix che dà fuoco alla sua chitarra dopo una pazzesca cover di "Wild Thing" dei Troggs.

A partire dalla canzone successiva, invece, tutti i brani saranno presentati in ordine cronologico di quando il disco a cui appartengono è stato pubblicato, mese per mese (laddove manchi la data di incisione, è stata usata la data di pubblicazione; le ultimissime canzoni della playlist rappresentano invece brani per i quali non è stato possibile stabilire una data di incisione o pubblicazione; fra esse compaiono anche due dei primissimi brani di rock psichedelico apparsi in Italia, a opera rispettivamente delle Stelle di Mario Schifano e dei New Trolls).

Un elenco completo dei brani, con una 'discografia' dell'anno 1967 e un breve commento, sarà disponibile al più presto. Per ora, lasciamo che a parlare sia la musica.




sabato 14 gennaio 2012

1966: psichedelia, underground & controcultura



Il cambio di passo introdotto nel 1965 dalla nascita del folk-rock fu rapidamente superato dalla nascita del 'rock psichedelico'. Il 1965 aveva definitivamente consacrato il rock come la musica dei giovani - di tutti i giovani americani e inglesi; e grazie al folk-rock il 1966 vide la saldatura definitiva fra il movimento pacifista e dei diritti civili e il rock moderno. I musicisti di molte nuove band erano quasi sempre giovani quali quelli che li andavano ad ascoltare, e coi quali marciavano ai sit-in, ai love-in, alle manifestazioni pacifiste contro la guerra del Vietnam, coi quali condividevano la passione per l'amore libero, la marijuana e la fuga dal mondo consumistico. Certo non vi erano poche contraddizioni: in fin dei conti, la stagione delle proteste culminò con violenze di piazza e di stato; la stagione dell'espansione della coscienza incarnata dall'LSD si concluse con il passaggio di massa all'eroina di tanti ex-fricchettoni, e le morti di tanti protagonisti, da Hendrix a Morrison; e i musicisti divenuti guru dei giovani divennero multimiliardari fra i primi a tradire i propri stessi ideali. Ma nel 1966 ancora questo non si poteva sapere.

Negli Stati Uniti il 1966 si caratterizza per una serie di uscite discografiche notevoli:

* il terzo disco dei Byrds, "Fifth Dimension", porta già tutte quelle che sono le stimmate del movimento: alle canzoni impegnate in salsa rock/beat si aggiungono scale e modi mutuati dalla musica indiana, chitarrismo free mutuato da John Coltrane e dal free jazz (il free jazz è una grandissima influenza su tante band psichedeliche, anche per l'importazione dei concetti di jam e improvvisazione nella musica rock), testi 'surreali' e ispirati alla cultura della droga;

http://www.youtube.com/watch?v=WH6UnvSlahc

* il secondo disco dei Fugs, intellettuali irriverenti provenienti dal mondo del beat e del folk, che abbandonano in parte le atmosfere del disco d'esordio per imbracciare strumenti elettrici e procedere al primo brano-collage del rock, "Virgin Forest", lungo ben 11 minuti;

http://www.youtube.com/watch?v=stw3yLwWlN8

* i primi due dischi di Frank Zappa, incisi con la sua band, le Mothers of Invention, ovvero "Freak Out!" e soprattutto "Absolutely Free", in cui il dada-rock e le vignette irriverenti dei Fugs vengono portate a un livello ancora più alto dalla maestria musicale di Frank; in particolare, "Absolutely Free" presenta due lunghe suite, una per lato, che superano decisamente la classica forma-canzone del pop e del rock fino a quel momento;

http://www.youtube.com/watch?v=THGjCgi6sbA

* "Blonde on Blonde" di Bob Dylan, primo album doppio del rock, in cui prosegue le intuizioni del disco precedente e si dedica a lunghi brani declamatori che sono essenzialmente poemi musicati e che contribuiscono a un nuovo modo di fare cantautorato rock slegato dalla matrice più propriamente popolare-tradizionale;

http://www.youtube.com/watch?v=Q3oy6d0pSMQ

* "The Psychedelic Sounds" dei 13th Floor Elevators. Originariamente una jug band (gruppo folk con strumenti 'fatti in casa' e l'uso della jug, ovvero di una brocca in cui soffiare dentro, come strumento solista), texani, alfieri dell'uso dell'LSD, guidati da Roky Erikson, che in seguito finì malato di mente anche a causa del suo consumo di droghe;

http://www.youtube.com/watch?v=KzIOt40IJcI&feature=fvst

* "East West" della Paul Butterfield Blues Band è un disco che presenta nel brano omonimo (composto dall'eccellente chitarrista Mike Bloomfield) forse la prima jam incisa su un disco rock, fortemente ispirata sia alla musica indiana sia al free jazz, e che espande a dismisura il discorso 'psichedelico' introdotto dai Byrds pochi mesi prima; altro segnale della crescente influenza del jazz nella musica rock è la cover di "Work Song" di Nat Adderley;

http://www.youtube.com/watch?v=YaV-S5ivX3E

* i Doors pubblicano l'omonimo disco di esordio proprio in quest'anno: Jim Morrison, naturalmente, è il mattatore della band, in cui spicca anche l'organo di Ray Manzarek e la chitarra elettrica, suonata come se fosse una chitarra classica da Robbie Krieger. Il quartetto, completato dal batterista John Densmore, introduce la letterarietà bohemien e decadente nel rock americano, grazie all'amore di Morrison per i simbolisti e i decadentisti francesi (ma anche per Brecht, di cui incidono "Alabama Song"); il disco ospita il famosissimo, inquietante incubo edipico di "The End", un altro dei lunghi brani free che si rifanno, in questo caso, al modello poetico di "Urlo" di Allen Ginsberg; si noti che, sebbene il disco sia stato inciso nel 1966, viene pubblicato a inizio del 1967;

http://www.youtube.com/watch?v=aGmAmJFUvzM

* i Velvet Underground, assieme ai sopracitati Doors, rappresentano il 'lato oscuro' dell'underground: nella musica dei Velvet, guidati da Lou Reed e John Cale, che pubblicano il primo album assieme alla cantante tedesca Nico e col patrocinio di Andy Warhol, che firma la famosa copertina con la banana sbucciabile, c'è dissoluzione, morte, il lato oscuro della droga e del sesso, la desolazione urbana delle periferie degradate di New York, reso con una musica aspra e dissonante che fece scuola (dal primo hard rock al punk): un famoso aforisma sostiene che del primo LP dei Velvet Underground si siano originariamente vendute solo 10'000 copie ma che tutti coloro che l'hanno ascoltato siano diventati musicisti rock ("The first Velvet Underground album only sold 10,000 copies, but everyone who bought it formed a band"); la sua fama postuma lo colloca di diritto al primo posto nella lista dei dischi che tutti gli snob musicali considerano geniali e che probabilmente non sono mai riusciti a sentire fino alla fine almeno una volta;

http://www.youtube.com/watch?v=eF_CQGHqzts&feature=related

* sostanzialmente scorrelati dal resto della musica rock e della controcultura, i Beach Boys pubblicarono "Pet Sounds"; parto della mente geniale di Brian Wilson, recluso nello studio di registrazione a drogarsi (LSD e marijuana) e comporre musica, il disco fu un successo esplosivo, sebbene fosse molto più retrò nel suo sound rispetto al nuovo rock che avanzava; la sua influenza sui futuri dischi dei Beatles e sulle tecniche di sovraincisione in studio non è trascurabile: basti sentire "Good Vibrations", incisa nello stesso periodo dell'album ma pubblicata separatamente su 45 giri nell'ottobre del 1966, per rendersi conto del grado di complessità a cui Brian Wilson aveva portato la musica pop;

http://www.youtube.com/watch?v=TCeD_6Y3GQc

Concludiamo l'excursus sulla psichedelia statunitense facendo presente che anche i due singoli che diedero il successo ai Jefferson Airplane, una delle due principali formazioni-cardine della psichedelia di San Francisco e simbolo dell'ala più impegnata e politicizzata del rock assieme ai Grateful Dead, furono incisi nel novembre del 1966: si tratta nientemeno che delle celeberrime "Somebody to Love" e di "White Rabbit", pubblicate però solo nel 1967.

http://www.youtube.com/watch?v=YIkoSPqjaU4
http://www.youtube.com/watch?v=XR8LFNUr3vw

In Gran Bretagna, la società probabilmente meno opprimente (in assenza per esempio di discriminazione razziale) e la mancanza di un evento traumatico quale la guerra del Vietnam fecero sì che l'underground fosse molto più orientato all'aspetto artistico e culturale. Il rock, invece che di nuovi interpreti, era saldamente sulle spalle delle band che si erano affermate nel biennio precedente - a parte i Beatles, forse fra i pochi esponenti dell'originario beat a sopravvivere artisticamente ai cambiamenti del '65/'66, furono soprattutto le band che venivano dal blues rock inglese come i Rolling Stones, gli Yardbirds, gli Who, a saper leggere meglio il nuovo linguaggio musicale. Un altro artista interprete di questo cambiamento fu Eric Clapton, che lasciò la band di un purista blues quale John Mayall per formare i Cream, considerati il primo 'supergruppo' del rock, saldamente legati a un linguaggio psichedelico che avrebbe influenzato non poco la chitarra di un eroe prossimo venturo quale Jimi Hendrix.

* i Rolling Stones incisero "Aftermath", il loro primo disco tutto di composizioni proprie e privo di cover di blues o r&b; il sound del disco è finalmente quello degli Stones della maturità: "Paint it black", "Out of time", "Under my thumb" e "Lady Jane" vedono Brian Jones in primo piano nell'arrangiare le composizioni, tutte opera del duo Mick Jagger/Keith Richards. Il disco si chiude con una jam di 11 minuti, "Goin' Home";

http://www.youtube.com/watch?v=Mv65gOE8QNY

* gli Yardbirds incisero "Roger the Engineer", disco che si caratterizza soprattutto per le sperimentazioni di chitarra distorta di Jeff Beck e per il quale è considerato uno dei primi dischi psichedelici inglesi; nello stesso anno alla band si aggiunse come secondo chitarrista nientemeno che Jimmy Page, futuro fondatore dei Led Zeppelin; i due incisero assieme il singolo "Happenings ten years time ago";

http://www.youtube.com/watch?v=wFKdO1X3vO8

* gli Who, con il brano "A quick one while he's away", tratto dall'LP "A quick one", furono i primi, assieme allo Zappa di "Absolutely Free", a comporre un brano esteso in forma di suite piuttosto che di jam: non si tratta infatti di una lunga improvvisazione collettiva o di un collage, ma di una unione di 'movimenti' musicali differenti (e che ne fanno probabilmente il gruppo "non-sperimentale" più compiuto del momento);

http://www.youtube.com/watch?v=WtqGqkWmsN0

* i Beatles, come la loro controparte 'ideale' americana (ovvero i Beach Boys), erano già enormemente famosi, ma con l'umiltà di ascoltare ciò che avveniva attorno a loro e provare a darne la propria lettura, con risultati controversi (da chi li accusa di avere annacquato ogni innovazione e ogni slancio rivoluzionario in canzonette, a chi li osanna per avere inventato qualsiasi nuovo genere di musica e qualsiasi forma di innovazione apparsa negli anni sessanta); il loro disco del 1966, "Revolver", è da molti considerata la prima opera della loro fase matura, e comprende parecchi esperimenti in studio, alcuni ispirati anche a "Pet Sounds" pubblicato dai Beach Boys mentre i Fab Four erano impegnati nelle registrazioni, ma altri di matrice completamente originale ("Tomorrow never knows", "Eleanor Rigby", per citare i due antipodi sonori!);

http://www.youtube.com/watch?v=6a3NcwfOBzQ

* l'evento che fa da ponte con il 1967 è probabilmente la nascita dei Cream: il chitarrista Eric Clapton, folgorato dalla psichedelia, decide di lasciare il purista blues John Mayall per unirsi ad altri due ex-musicisti dell'area blues-jazz, il batterista Ginger Baker e il bassista/cantante Jack Bruce, coi quali incide "Fresh Cream", disco che si può considerare già un passo avanti nel percorso che trasforma il rock psichedelico del '66 nel nuovo corso del rock inaugurato da Jimi Hendrix l'anno successivo (che si ispirerà proprio ai Cream e a Eric Clapton per la sua band); con il brano finale "Toad", Ginger Baker inaugura peraltro la (sciagurata?) consuetudine degli assoli di batteria.

http://www.youtube.com/watch?v=J9bd4Jd8whc

I confini dei generi musicali sono come sempre alquanto discutibili, comunque si possono individuare alcuni dischi che hanno contribuito come traghettatori, nel campo musicale-artistico, alla presa di coscienza dei giovani angloamericani (e non) che ebbe il suo culmine negli Stati Uniti nella Summer of Love del 1967, e in gran parte dell'Europa con le proteste del Sessantotto. Ecco una discografia essenziale del rock del 1966, scelta arbitrariamente come più significativi di questo anno di passaggio, con date di incisione e pubblicazione per chi voglia concorrere al giochino di "chi ha fatto prima questo o prima quello". E, tanto per gradire, aggiungo qualche altro video consigliato!

13th Floor Elevators - The Psychedelic Sounds of 13th Floor Elevators
inciso gennaio - ottobre 1966
pubblicato novembre 1966

http://www.youtube.com/watch?v=iPBJsdE9V14

Beach Boys - Pet Sounds
inciso novembre 1965 - aprile 1966
pubblicato maggio 1966

http://www.youtube.com/watch?v=-E4FRtrD9aQ
http://www.youtube.com/watch?v=EkPy18xW1j8&feature=fvst

Beatles - Revolver
inciso aprile - giugno 1966
pubblicato agosto 1966

http://www.youtube.com/watch?v=OaRNrDaoMqw

Bob Dylan - Blonde on Blonde
inciso ottobre 1965 - marzo 1966
pubblicato maggio 1966

http://www.youtube.com/watch?v=-iBLMZjltu4

Byrds - Fifth Dimension
inciso gennaio - maggio 1966
pubblicato luglio 1966

http://www.youtube.com/watch?v=tJ0mua9u4A4

Cream - Fresh Cream
inciso luglio - ottobre 1966
pubblicato dicembre 1966

http://www.youtube.com/watch?v=RpGi8M44cP8

Doors - The Doors
inciso agosto 1966
pubblicato gennaio 1967

http://www.youtube.com/watch?v=cJQwnAhXnBk

Fugs - Fugs' Second Album
inciso gennaio 1966
pubblicato marzo 1966

http://www.youtube.com/watch?v=-dM8jpbaw3A

Mothers of Invention - Freak Out
inciso marzo 1966
pubblicato maggio 1966

http://www.youtube.com/watch?v=3qE_CoQTzjs

Mothers of Invention - Absolutely Free
inciso novembre 1966
pubblicato maggio 1967

http://www.youtube.com/watch?v=MEwoBj6fcHA

Paul Butterfield Blues Band - East West
inciso luglio 1966
pubblicato agosto 1966

http://www.youtube.com/watch?v=kikKTCdnPro

Rolling Stones - Aftermath
inciso marzo 1966
pubblicato aprile 1966

http://www.youtube.com/watch?v=nvJLeoHPXyk

Velvet Underground - The Velvet Underground & Nico
inciso aprile - novembre 1966
pubblicato marzo 1967

http://www.youtube.com/watch?v=6xcwt9mSbYE
http://www.youtube.com/watch?v=CrRVaYF-O4U

Who - A Quick One
inciso settembre - novembre 1966
pubblicato dicembre 1966

http://www.youtube.com/watch?v=bvFuUaCe8eY

Yardbirds - Roger the Engineer
inciso marzo - giugno 1966
pubblicato luglio 1966

http://www.youtube.com/watch?v=puVEb0sn_Cs

domenica 10 aprile 2011

un anno in un giorno: 1964

Albert Ayler: Ghosts

Albert Ayler nasce il 13 luglio 1936 in Ohio (USA), la patria di Archie Goodwin e dei Cleveland Cavaliers, e si specializza nel suonare il sax tenore. Avendo ascoltato troppo Ornette Coleman e John Coltrane, si lancia nel free jazz con entusiasmo. Il 10 luglio del 1964 incide il disco "Spiritual Unity", che contiene quattro tracce di cui questa è la prima; ad accompagnarlo, Gary Peacock al basso e Sunny Murray alla batteria. Il brano è veramente libero. Il sassofono sprizza di qua e di là e la sezione ritmica va per i fatti suoi tutto il tempo. Eppure il tutto risulta estremamente affascinante.



The Animals: The House of the Rising Sun

Gli Animals furono fra i primi gruppi di blues rock inglese a ottenere un successo internazionale, grazie a questo singolo, che si trova anche nella versione americana del loro primo LP, intitolato, con molta fantasia, "The Animals". Perlopiù costituito da cover di blues passate all'organo hammond di Alan Price e cantate con convinzione da Eric Burdon, è un disco che, come tanti dell'epoca, non brilla per originalità ma servì come veicolo per trasportare un nuovo linguaggio musicale in Europa e a contribuire all'evoluzione del rock moderno. Da notare che il bassista degli Animals all'epoca era Chas Chandler, che divenne noto come lo scopritore e manager di Jimi Hendrix.



Beatles: Can't buy me love

I Beatles, nel bene e nel male, non hanno bisogno di presentazioni. I due brani qui presentati sono tratti dal loro terzo LP, "A hard day's night", scritti da Lennon/McCartney e... E che volete di più? Non penserete mica che vi farò una lezioncina sui Beatles?



Beatles: A hard day's night



Bock, Harnick & Stein [Fiddler on the Roof]: - If I were a rich man

"Il violinista sui tetti" debuttò come musical nel 1964, ed è diventato un film nel 1971. La canzone "If I were a rich man", tra le più note dell'opera, è estratta appunto dal film medesimo, che si trova tutto sul TuTubo. E' anche sottotitolata, 'azzo volete deppiù?



Bruce & Terry: Summer means fun

Bruce & Terry, questi allegri mattacchioni, sarebbero in realtà due produttori, musicisti e innovatori del genere surf, ovvero Bruce Johnston e Terry Melcher. Johnston divenne famoso entrando nei Beach Boys per rimpiazzare nei concerti il caro Brian Wilson, che era ammattito dietro all'LSD e alle sue ambizioni musicali; Melcher divenne famoso perché Charles Manson cercava lui quando la sua famiglia fece strage nella casa in cui aveva vissuto. Credo che Johnston abbia scelto una via migliore per assurgere alla fama. Terry Melcher in compenso scampò così alla morte per la seconda volta, dopo che sua madre, ovvero la famosa Doris Day, quando era incinta di lui dovette scappare dalla casa del suo allora compagno (e padre del bambino) che voleva convincerla ad abortire a forza di botte. La Morte però non si diede per vinta e inflisse a questo paladino della musica surf il suo spietato contrappasso uccidendolo con un tumore alla pelle a 62 anni.




Buffy St.Marie: The Universal Soldier


Buffy St.Marie fa parte della vasta schiera di folksinger degli anni sessanta, di etnia cree. I cree, tanto per semplificare da idiota quale sono, sarebbero i tipici indiani cacciatori di bisonti, e ce ne sono ancora circa 200'000 perlopiù residenti in Canada. Buffy, in effetti, è canadese, e oltre alla musica e alla caccia ai vampiri si è dedicata a portare avanti la causa culturale degli indiani nordamericani. Questa splendida canzone, reinterpretata peraltro da uno zinzillione di altri artisti, è divenuta un piccolo classico delle marce pacifiste ed è tratta dal suo primo disco, "It's my way".



Dalida: Amore scusami

Iolanda Cristina Gigliotti detta Dalida nasce il 17 gennaio 1933 a Il Cairo da genitori italiani; cresce in Egitto, poi negli anni cinquanta si trasferisce a Parigi dove diventa presto una delle cantanti più richieste, tanto che nel 1964 diventa la prima donna a vincere un disco di platino (all'epoca, servivano più di 10 milioni di dischi venduti, roba che oggi manco gli U2 me sa). Comunque sia, si dice che sia stata amante di Luigi Tenco, ha provato a uccidersi dopo il suo suicidio (di lui, non dopo il suo proprio suicidio, anche se ammetto che sarebbe una sfida notevole), ha provato a uccidersi diverse altre volte e alla fine ce l'ha fatta nel 1987. Pare che in Francia sia davvero idolatrata, le han fatto pure una mostra commemorativa a Parigi in occasione del ventennale della morte.



Davy Graham: Leavin' Blues

Ecco, se c'è un chitarrista che è un grande, nel folk, quello è Davy Graham, nato il 26 novembre 1940. Praticamente tutti i chitarristi del folk inglese, e tutti quelli rock che hanno provato a cimentarsi con l'acustica, devono qualcosa a lui. Graham è stato fra i primi a sperimentare con accordature aperte, ritmi orientali (chi conosce i brani acustici dei Led Zeppelin sa di cosa sto parlando), innestandoli nel folk inglese e nel blues acustico americano. Bert Jansch, John Renbourn, Jimmy Page, John Martyn, Nick Drake, son tutti suoi debitori. Qui presento due brani tratti da quello che è considerato il suo disco più influente, "Folk, blues and beyond", uscito appunto nel 1964. Il primo è una rivisitazione di un classico del blues scritto da Leadbelly; il secondo è un suo brano originale.



Davy Graham: Maajun (A Taste of Tangier)



Dmitri Shostakovich: Quartetto d'Archi n°10, Primo Movimento (Andante)

Дмитрий Дмитриевич Шостакович nacque a Sanpietroburgo il 25 settembre 1906, e rappresentò il più celebrato autore musicale dell'Unione Sovietica. Questo nonostante i rapporti difficoltosi col governo, che a volte gli rompeva le palle con le "classiche" (ahaha che spiritosone che sono) censure da regime dittatoriale. Credo che la mia totale ignoranza nella musica classica dovrebbe vietarmi di parlarne più a lungo. Però non si può restare impassibili dinnanzi a questo primo movimento del Quartetto d'Archi n°10, che sia Wikipedia che Piero Scaruffi sostengono sia fra le sue opere più importanti. Quell'anno peraltro compose anche il Quartetto d'Archi n°9, la colonna sonora di un film su Amleto di Grigori Kotsintev, e L'esecuzione di Stenka Razin. Sempre secondo Wikipedia.



Ennio Morricone: Per un pugno di dollari - Suite

Anche su Morricone penso ci sia poco da dire, ma potete fargli gli auguri il 10 novembre. E' nato nel 1928 a Roma ma è di famiglia arpinate, come il vecchio Marco Tullio Cicerone. Morricone alle elementari era compagno di classe di Sergio Leone. E poi tifa Roma. Insomma, come faccio ad amarlo più di così?



Enzo Jannacci: l'Armando

Da Roma a Milano: Jannacci nasce a Milano il 3 giugno 1935. Il padre farà la Resistenza. Enzo invece farà, più modestamente, il liceo Manzoni dove diventa amico di Giorgio Gaber, si laurea in medicina e fa otto anni di conservatorio, suonando poi di tutto, dal jazz al rock'n'roll e imponendosi anche come autore prolifico, tutto questo prima dei trentanni. E dire che a guardarlo sembra un coglione. L'Armando è uno dei suoi primi singoli di successo, mentre El portava i scarp da tennis è tratto dal suo primo LP, "La Milano di Enzo Jannacci", al quale collaborò anche Dario Fo. El portava i scarp da tennis è cantata in milanese e ha alcuni momenti che mi sono liricamente piuttosto oscuri.



Enzo Jannacci: El portava i scarp del tennis



Eric Dolphy: Gazzelloni

Ecco, Eric Dolphy. Eric Dolphy è un soggettone nato a Los Angeles il 20 giugno 1928. Suonava sax contralto, clarinetto basso e flauto e, al contrario di molti musicisti jazzzzz, era morigerato e temperante, il che naturalmente non gli salvò la vita: diabetico, morì nel 1964 mentre era in tour in Germania, dato che quando ebbe un collasso dovuto al diabete i medici tedeschi lo presero per il solito musicista drogato e lo lasciarno morire nel suo letto di ospedale. "Out to Lunch", il disco da cui sono tratte queste due performance, è, secondo il mio modesto parere, favoloso. Per mia fortuna, la critica è uniformemente concorde.



Eric Dolphy: Out to Lunch



Giacinto Scelsi: Quartetto d'Archi n°4

Giacinto Scelsi è uno stimato compositore di avanguardia italiano. A leggerne la biografia, direi che fosse anche un pazzo furioso. Conte di famiglia salernitana, nato nel 1905, Scelsi scrisse poesie surrealiste in francese e compose nello stile dodecafonico finché, durante la seconda guerra mondiale, la moglie lo lasciò e divenne depresso. Curò la depressione tramite le sue COMPOSIZIONI SU UNA SOLA NOTA che, lasciatemelo dire, sono una delle cose più deprimenti che abbia mai sentito. In particolare sentitevi "Quattro pezzi per una sola nota", fate il confronto con le sfumature politonali di Charles Ives che aveva sviluppato un concetto simile in maniera immensamente più divertente cinquant'anni prima e poi ascoltate invece questo Quartetto d'Archi che, sebbene non proprio di facile ascolto, è molto molto interessante. C'è una tensione notevole, nel brano, che non posso non apprezzare.

Parte 1


Parte 2


Giliola Cinquetti: Non ho l'età

Giliola aveva 16 anni o giù di lì quando questa canzone vinse Sanremo e poi anche l'Eurofestival a cui l'Italia non partecipa da mille anni, ma quest'anno partecipa con Natalie, credo. Chevvedevodì? Certo viene da un'altra era, questa canzone, anche a livello di tematiche, direte voi. E invece no! Giliola è l'idolo di tutti noi che siamo stati ragazzini e che a 16 anni dovevamo combattere per le nostre fiamme contro ventenni con la macchina e i soldi (che fossero figli di papà coi soldi del papi o elettricisti che lavoravano da anni). Brava Giliola, di' loro il fatto tuo!



John Coltrane: A Love Supreme - Acknowledgment

"A Love Supreme" è probabilmente il disco più famoso di John Coltrane (nato il 23 settembre 1926 in North Carolina); suona con Miles Davis dal 1955 al 1957, poi con Thelonious Monk e poi diventa leader del suo complessino personale. Questo LP, registrato il 9 dicembre del 1964, al culmine dell'esperienza spirituale di Coltrane, passato dall'eroina allo studio panreligioso e all'amore per Dio, vede John impegnato col sax tenore, Jimmy Garrison al contrabbasso, Elvin Jones alla batteria e McCoy Tyner al pianoforte. Acknowledgmente è il brano d'apertura, Psalm quello di chiusura, in cui Coltrane "recita" al sax una poesia inclusa nel libretto dell'album, facendo corrispondere una nota a ogni sillaba (eccolo qui). Ma io vi consiglio di sentirvi anche gli altri due.



John Coltrane: A Love Supreme - Psalm



Karlheinz Stockhausen: Mikrophonie I

Stockhausen è uno dei grandi nomi della classica del secondo Novecento, quindi roba assurda, astrusa, incomprensibile e di fascino discutibile. Non ritengo che la musica debba per forza di cose essere godibile, ma ascoltare un'opera come Mikrophonie I è più un esercizio scientifico che una esperienza musicale. Si parla di suoni, più che di musica. Nel video vi è una accurata descrizione di come Stockhausen abbia realizzato la cosa, così forse riuscirete a sorbirvela come ho fatto io: lui usa vari oggetti per colpire e stimolare una sorta di gong che ha in giardino, registra i suoni che emette con un microfono mentre un tecnico fa variare il filtro passa banda del microfono per tagliare fuori certe frequenze emesse dal gong. Mentirei se dicessi che è gradevole. Ma non è neanche pensato per esserlo, ecco.



The Kinks: You really got me

Questo pezzo è terrificantemente famoso (anche per la cover dei Van Halen) ed è uno dei mille o duemila candidati a "primo pezzo di hard rock" della storia della musica. Gli inglesi Kinks saranno uno dei più importanti gruppi del rock inglese degli anni sessanta, anche se non riusciranno mai a vendere quanto altre band. Peraltro, nei dischi successivi si dedicheranno talmente tanto a temi lirici e musicali "british" da alienarsi possibilità di vero successo al di fuori del mondo britannico... Questo brano compare nel loro primissimo LP.



La Monte Young: The Well Tuned Piano (estratto)

La Monte Young è un altro dei compositori classici pazzi del secondo Novecento. Non ho mai capito se la musica classica, dopo l'impressionismo dei Debussy e dei Ravel, fosse talmente "esaurita" sul piano delle melodie e delle ritmiche da dover ricorrere rapidamente a esperimenti sempre più astrusi, o se semplicemente abbia preso una strada che le aliena quasi irrimediabilmente la capacità del pubblico di comprenderla. Il "Well Tuned Piano" di Young è un'opera che, nella sua forma definitiva, dura circa sei ore ed è contenuta in un box da ottomila cd che non so chi potrebbe voler ascoltare tutto di fila, eccetto uno che voglia ascoltarlo per dire di averlo ascoltato. Prendendone un frammento a caso non posso dire che mi dispiaccia, ma la mia perplessità rimane.



Luciano Berio: Folk Songs

Luciano Berio, di Imperia (Oneglia, a volere essere precisi) è un altro compositore classico italiano, le cui "Folk Songs" dovrebbero essere un esempio abbastanza accessibile anche a noi profani ignoranti. In effetti, essendo nove brani popolari da mezza Europa, più due canzoni scritte da Berio stesso nel '47, e durando il tutto appena 18 minuti, si riesce ad ascoltare tutto di fila senza tirare improperi. Alcuni momenti, anzi, son davvero assai suggestivi.



Luigi Dallapiccola: Parole di San Paolo

Continua la carrellata di sperimentatori contemporanei italiani, con Luigi Dallapiccola. [...]



Luigi Nono: la Fabbrica Illuminata

Vi dico la verità: ho sentito ogni singola nota che ho messo su questa pagina, ma non sono riuscito a sentire tutti i 16 minuti de "la Fabbrica Illuminata". Intendo farlo eh, ve lo giuro, ma ancora non sono riuscito. Non che sia peggio di Mikrofonie I o di Milton Babbitt, però semplicemente ho lasciato per ultimo questo brano in quanto lungo e in questo momento è tardi e proprio non me la sento di ascoltarlo. Potrei parlarvi di Luigi Nono, ma non me la sento neanche di aprire la sua pagina di wikipedia, per cui se mi va ve ne parlo in un altro anno.



Manfred Mann: Do wah diddy

E' impressionante la marea di "stupid songs" (come le chiamava Zappa) che hanno avuto successo e che si tramandano di generazione in generazione. [...]



Mary Wells: My guy

Altro famosissimo brano r&b dei sessanta, riciclato in tipo un miliardozilione di film e pubblicità e chi più ne ha più ne metta. [...]



Milton Babbitt: Philomel - Section 1

Milton Babbitt è noto per essere stato l'autore di un articolo che diceva più o meno "chi se ne fotte se il pubblico non capisce un cazzo di quello che noi facciamo". [...]



Milton Babbitt: Ensembles for Synthesizers



Otis Redding: Come to me

Otis Ray Redding Junior nasce il 9 settembre 1941 in Georgia, e muore a per la puttana 26 anni in un incidente aereo nel 1967. "Come to me" fu il primo singolo pubblicato da Otis nel 1964, ed è un classico del soul. Non c'è bisogno di aggiungere altro, credo.



Rolling Stones: It's all over now

Nel 1964 decolla anche la carriera dei Rolling Stones. "It's all over now" è il quarto singolo della band e il loro primo Numero 1 in classifica. Si tratta di una cover di un brano di Bobby Womack. Il secondo brano presentato qui è "Heart of Stone", il primo lato A di un singolo composto da Jagger e Richards (#19 in classifica UK). Ancora siamo lontani dalle grandi composizioni rock degli anni successivi, ma, ehi, stiamo parlando di una band agli inizi.



Rolling Stones: Heart of Stone



Roy Orbison: Oh! Pretty Woman

Devo veramente presentarvi questo brano? No, dico, veramente? Dai, diciamo la verità, chi non lo conosce sto brano? Per quel che riguarda Roy Orbison, vi dirò solo che secondo Wikipedia è texano, ed è morto.



Sam Cooke: A change is gonna come

Questo brano fu inciso da Cooke nel 1964 e pubblicato postumo. Sam Cooke, uno dei padri del soul, era anche un attivista del Movimento dei Diritti Civili. Forse è per questo che c'è chi sostiene che la sua morte nel 1964 stesso, ucciso dalla proprietaria di un motel, faccia parte di una cospirazione per farlo fuori. Secondo la versione accettata in tribunale, Cooke si era portato in stanza una ragazza non consenziente, con l'intenzione di violentarla, questa era fuggita mentre lui era in bagno, portandosi via per sbaglio anche parte dei vestiti di Cooke assieme ai suoi. Allora Cooke esce dalla stanza incazzato nero e solo in scarpe e giacca, dato che gli ha fregato i pantaloni e pure le mutande, va dalla padrona del motel, le chiede se ha visto la tizia, e visto che non l'ha vista comincia a menarla. La padrona scappa, prende la pistola e gli spara. Cooke muore, legittima difesa. Poi si scopre che la ragazza che lo accusava di tentata violenza era una prostituta, e la cantante Etta James dice che, avendo visto il corpo al funerale, Cooke era talmente malridotto di cazzotti da rendere improbabile la storia. Chiamate Mulder e Scully! Il brano comunque è splendiderrimo.



Simon and Garfunkel: Wednesday Morning 3 AM

Simon and Garfunkel li conoscete tutti, e tutti sappiamo che Paul Simon si è pure fatto una buona carriera solista, mentre tutti schifano Garfunkel. Be', Garfunkel di suo ha una bellissima pagina su internet in cui è raccolto il suo primo volume di poesie, scritte fino al 1988, alcune delle quali sono davvero intriganti. Ma parliamo della musica: questi due brani sono composizioni di Simon incise per il loro primo disco, passato totalmente inosservato. La prima versione di Sound of Silence non fece infatti successo, poi in seguito un produttore pensò di aggiungere alla traccia base anche altri strumenti, la casa discografica ripubblicò e nacque un duo leggendario, così per ridere.



Simon and Garfunkel: The Sound of Silence



Terry Riley: In C

"In C" (ovvero "in Do") di Terry Riley è considerato uno dei brani simboli del minimalismo (come al solito ci sono tremila candidati a "primo brano minimalista", ma è sempre difficile stabilire queste cose). Il pezzo è "semi-aleatorio", nel senso che è composto da 53 frasi musicali che ogni musicista può ripetere un numero arbitrario di volte di seguito (compreso il saltarne) prima di passare alla frase successiva e stando attenti a non stare a più di due o tre frasi musicali di distanza. In teoria è consigliato avere un musicista che ripete delle crome di do ("C" in linguaggio musicale inglese). Considerato che la lunghezza del brano è arbitraria, non mi piacerebbe stare lì a suonare per quaranta minuti delle crome di do sulla mia chitarrina. Ah, Terry Riley influenzò un sacco di gente, ovviamente molti di quelli che divennero i minimalisti ma anche gli Who, come si può sentire dall'introduzione di tastiera di "Baba O'Riley".

Parte Prima:


The Who: I can't explain

Gli Who sono indubbiamente fra i complessi più famosi del rock, specie oggi che ha fatto successo CSI. Innovativi strumentisti, questo è il loro primo singolo (o meglio il secondo, ma il primo col nome The Who, prima si chiamavano High Numbers). All'epoca gli Who (assieme agli Small Faces) divennero i capipopolo del movimento mod, che, a quanto si vede nel video, consisteva in giovinastri vestiti a righe che ballavano male e giravano in vespa. In seguito gli Who bla bla bla apritevi una enciclopedia del rock qualunque.



(se non funziona provate questo: http://www.youtube.com/watch?v=vhuL79iEWDo)

The Zombies: She's not there

Gli Zombies avevano un cantante, Colin Blunstone, cosa comune alla maggior parte dei gruppi (avere un cantante, non avere un Colin Blunstone) dalla voce abbastanza originale; poi avevano Rod Argent all'organo e Chris White al basso, che scrivevano da subito canzoni anche in tonalità minori, cosa insolita nel pop-rock commerciale dell'epoca e pure in quella moderna. Naturalmente dopo questo singolo di successo, non riuscirono a vendere una ceppa e si sciolsero qualche anno dopo. Ma se riuscirò a fare anche i prossimi anni, li riincontrerete perché nel loro secondo LP (che mi sembra si chiami "Odessey and Oracle") produssero bella robina.

mercoledì 20 ottobre 2010

martedì 31 agosto 2010

Brian Eno: Here come the warm jets (09.1973)

Brian Eno nasce a Londra nel 1948, e comincia la sua avventura nel mondo della musica con i Roxy Music, coi quali incide i dischi "Roxy Music" (1972) e "For your pleasure" (1973), sospesi tra progressive e glam. Eno suona le tastiere e si occupa in particolare degli effetti elettronici, e viene riconosciuto come il lato più sperimentale della band. Stufo dell'attività concertistica e dei conflitti con il leader Brian Ferry, Eno lascia la band e apre, con "Here come the warm jets", la sua lunga e prolifica attività da solista.

Il disco è semplicemente uno dei più geniali dischi di pop congegnato negli anni settanta. Meta-rock, meta-pop (e non metà rock e metà pop), il disco mette al servizio di Brian una dozzina dei più dotati musicisti dell'art-rock inglese dell'epoca: Fripp e Wetton dai King Crimson; Manzanera, MacKay e Thompson dai Roxy Music; Simon King dagli Hawkwind; Paul Rudolph dai Pink Fairies; MacCormick dai Matching Mole.

Eno compone, talvolta con l'aiuto dei suoi collaboratori, una serie di vignette di pop sghembo e dai suoni sporchissimi, come nel muro chitarristico che Manzanera tesse nel brano di apertura, "Needle in the camel's eye", dai testi surreali (e in effetti basati su improvvisazioni e associazioni di idee poi rimaneggiate in un secondo tempo), che sfruttano strutture semplicistiche dei brani e lasciano cavalcare a briglia sciolta i collaboratori per creare arrangiamenti lussureggianti che rendono i brani piacevoli da ascoltare e riascoltare mille e più volte.

Nonostante questo, il disco è comunque abbastanza immediato: basta abituarsi appena alle prime storture e stranezze, e poi la validità delle melodie emerge e garantisce un tessuto piacevole sul quale esercitare l'orecchio e scoprire la profondità della dimensione creativa di Eno. Alcuni brani sono assurdi e umoristici ("The paw paw negro blowtorch", "Dead finks don't talk"), altri sono lirici e commoventi ("On some faraway beach"), altri ancora sarcastici e aggressivi ("Baby's on fire", con un assolo furioso di Fripp) o allucinati e angoscianti ("Driving me backwards"). Eno tocca tutte le corde dell'animo umano con passione e un pizzico di follia.


BRIAN ENO
"HERE COME THE WARM JETS"


1. Needle in the camel's eye (Eno/Manzanera)
2. The paw paw negro blowtorch
3. Baby's on fire
4. Cindy tells me (Eno/Manzanera)
5. Driving me backwards
6. On some faraway beach
7. Blank Frank (Eno/Fripp)
8. Dead finks don't talk (Eno/Jones/Judd/Thompson)
9. Some of them are old
10. Here come the warm jets

Brani scritti da Brian Eno eccetto ove diversamente indicato.
Registrato nel settembre del 1973.


Brian Eno, vocals, synths, guitars & keyboards

Chris Spedding, guitars (1,2)
Phil Manzanera, guitars (1,2,4)
Robert Fripp, guitars (3,5,7)
Lloyd Watson, slide guitar (9)

Simon King, drums (1,3,5,6,7,10)
Marty Simon, drums (2,3,4)
Paul Thompson, drums (8)

Bill MacCormick, bass guitar (1,7)
Busta Jones, bass guitar (2,4,6,8)
Paul Rudolph, guitars (3,10) & bass guitar (3,5,10)
John Wetton, bass guitar (3,5)
Chris Thomas, bass guitar (2)

Nick Judd, keyboards (4,8)
Andy MacKay, keyboards (6,9) and saxophones (9)
Nick Kool, keyboards (7)

Sweetfeed, backing vocals (6,7)

lunedì 30 agosto 2010

Chuck Berry: No money down (20.12.1955)

Il successo clamoroso di "Maybellene" convince la casa discografica Chess a convocare Chuck Berry per una nuova sessione di registrazione, da tenersi il 20 dicembre 1955. La sessione è intrigante perché mostra come Chuck Berry abbia nel suo repertorio una certa gamma espressiva: se "You can't catch me" ci mostra il solito rockabilly già sentito nei singoli della sessione precedente (e peraltro la strofa di "You can't catch me" ispirerà John Lennon per la strofa di "Come together"), i restanti brani ci mostrano ognuno un lato di Berry diverso.

"Roly Poly" è un brillante excursus di chitarra elettrica, con un creativo lavoro di batteria dietro che influenzerà più di una generazione di bluesman inglesi dei primi anni sessanta, da Eric Clapton a Peter Green a Mick Fleetwood, ai Ten Years After; mentre "Berry Pickin'" ci ricorda che la grandezza di un'artista spesso sta nel saper cucinare un piatto nuovo da ingredienti ben noti ma mai mescolati prima. Chuck Berry introduce un lungo tema di sapore latinoamericano su una base di batteria "tropicale", poi un breve solo al piano ci conduce a una sezione rock'n'roll con un rapido, interessante assolo di Berry. Infine il tema iniziale viene ripreso e portato a termine.

Il brano più riuscito è sicuramente "Down bound train", una infernale cavalcata demoniaca, con la sezione ritmica che imita lo sferragliare drammatico del treno diabolico che sta portando il protagonista della canzone all'Inferno. Il senso di angoscia che traspare da questo brano è genuino, e il testo davvero formidabile, con strofe come "The engine with blood was sweaty and damp, and brilliantly lit with a brimstone lamp, and imps for fuel were shovelling bones while the furnace rang with a thousand groans". Il tema dell'inferno era certo presente nel blues già dai tempi dei primi chitarristi acustici come Robert Johnson, ma questo brano entra sicuramente con un posto d'onore nell'elenco dei brani che conducono dritto all'heavy metal dei Black Sabbath, a "The Number of the Beast" degli Iron Maiden e al black metal norvegese.

Infine, "No money down" è una variazione di Chuck Berry su uno dei più famosi temi blues esistenti, quello di "Hoochie coochie man", scritta da Willie Dixon (che suona il basso per Berry in queste sessions) per Muddy Waters nel 1954 e resa immortale anche dallo stop-time del riff iniziale.


CHUCK BERRY
#7951 You Can't Catch Me Lato B del singolo Chess 1645, pubblicato nel novembre 1956
#7952 Roly Poly Traccia dell'LP Chess 1426
#7953 Berry Pickin' Traccia dell'LP Chess 1426
#7954 Down Bound Train Lato B del singolo Chess 1615, pubblicato nel 1956
#7955 No Money Down Lato A del singolo Chess 1615, pubblicato nel 1956

Chuck Berry, vocals and guitar
Otis Spann, piano
Wille Dixon, bass
Ebb Hardy, drums

Tutti i brani composti da Chuck Berry.
Registrato il 20 dicembre 1955.


Chuck Berry: Maybellene (21.05.1955)

Chuck Berry nasce in una famiglia della borghesia nera di Saint Louis, Missouri, nel 1926. Nonostante un incidente di gioventù lo porti brevemente in riformatorio, Berry è già sufficientemente benestante da avere acqusitato una piccola casa in città per vivere con la moglie e il figlio, quando si reca a Chicago da musicista dilettante per registrare due brani per la etichetta Chess Records.

Chuck Berry aveva cominciato come bluesman, imitando lo stile alla chitarra elettrico di T-Bone Walker. Ma aveva anche una passione per il country bianco e, tanto per ridere, aveva cominciato a inserire classici country nel suo repertorio. La cosa aveva inizialmente divertito e poi convinto il suo pubblico di colore, e, si dice, anche molti bianchi.

Quando Berry va alla Chess, questi non sono interessati al suo blues quanto alle sue frizzanti riscritture: il brano che viene scelto per aprire le registrazione (e come primo singolo di Berry) è "Maybellene", la riscrittura di un brano tradizionale chiamato "Ida Red" (qui la primissima versione registrata dalla Fiddlin' Powers Family il 29 agosto 1924) di cui Berry conosceva la versione country moderna realizzata da Bob Wills nel 1938 (qui una versione fatta da Wills e dalla sua band, tratta dalla televisione, nel 1951).

Oltre a "Maybellene", Chuck Berry incide anche "Wee wee hours", che farà da lato B per il singolo. Vi sono poi voci discordanti sul fatto che siano state incise in questa sessione o in una seconda sessione successiva altri due brani che verranno pubblicati su singolo a settembre ("Thirty Days" e "Together we will always be").

L'importanza di "Maybellene" per la storia del rock non può essere taciuta. Con questo brano per la prima volta un artista nero entra nella Top di Billboard dei dischi più venduti, al quinto posto. Il successo di Berry spalancherà così la strada a una vera e propria "marea nera", completando il processo iniziato da Bill Haley: prima i bianchi che suonano alla maniera dei neri (ricordiamo che il primo caso è la cover di Haley di "Rocket 88" di Ike Turner (entrambi del 1951)), poi i neri che suonano alla maniera dei bianchi. Fateli suonare insieme, ed ecco nascere il rock.

E' interessante notare il ruolo della chitarra in "Maybellene". Tecnicamente, Chuck Berry non è all'altezza dei professionisti che hanno studiato jazz (si ascoltino per esempio i coevi assoli di chitarra nei brani di Bill Haley): è pur sempre un grezzo musicista blues. Però è quella spontaneità, quel marchio ostinato blues, in una band ridotta all'osso, che farà della chitarra elettrica LO strumento del rock futuro.

"Wee wee hours" è un classico blues che rappresenta l'altro lato delle performance di Berry, con una eccellente performance al piano del suo collaboratore storico Johnny Johnson.

Nel secondo singolo, "Thirty Days", si ripropone praticamente l'identica struttura di "Maybellene", anche se qui troviamo il primo vero favoloso assolo di Berry, molto meno contratto che in "Maybellene". Il lato B è "Together we will always be", sul quale non sono purtroppo riuscito a mettere le mani.


CHUCK BERRY
A. Maybellene (Berry)
B. Wee wee hours (Berry)
Chess 1604


Chuck Berry, vocals & guitar;
Johnny Johson, piano
Willie Dixon, bass
Ebby Hardy, drums
?, maracas (solo su A)

Registrato il 21 maggio 1955
Pubblicato a luglio 1955



CHUCK BERRY
A. Thirty Days
B. Together we will always be
Chess 1610


Chuck Berry, vocals & guitar;
Johnny Johson, piano
Willie Dixon, bass
Ebby Hardy, drums

Registrato il 21 maggio 1955 o a settembre 1955
Pubblicato a settembre 1955

domenica 9 maggio 2010

Colin Blunstone: The Ghost of You and Me (2009)

Pubblicato a marzo 2009
VOTO: 9/18

Colin Blunstone assurse alla fama negli anni '60 come cantante degli Zombies, poi registrò qualche disco solista e collaborò con Alan Parsons Project, restando ai margini della scena pop-rock con una carriera dignitosa. Il suo ultmo disco non è malvagio: comincia bene con la title-track, un brillante, dinamico pezzo di pensieroso AOR tinto di sonorità neo-prog e impreziosito da una convincente prova vocale. Subito dopo, purtroppo, tre pezzi alquanto trascurabili, per quanto non particolarmente offensivi. A questo punto, Blunstone si deve essere sentito insoddisfatto della sua band, ha cacciato tutti dallo studio e si è chiuso dentro con un quartetto d'archi per fare qualcosa che non c'entra niente coi pezzi precedenti. E il disco, stranamente, si riprende, con "Let's keep the curtains closed today", ma soprattutto con il successivo brano, il tango jazzistico di "Any other way", veramente un brano peculiare e intrigante; e "Now I know I'll never get over you" è a tratti commovente. Evidentemente soddisfatto, Blunstone tira dritto fino alla fine col quartetto d'archi, regalandoci altri tre brani senza infamia. Un disco di cui magari non avremo bisogno, ma che è un bel segnale di spirito e voglia di fare per un artista la cui fama è quasi del tutto sparita agli occhi del grande pubblico sin dal 1972.

mercoledì 14 aprile 2010

Carlo Alberto Rossi

E' morto il 12 aprile 2010 Carlo Alberto Rossi, compositore, produttore e discografico italiano.
Nato a Rimini il 30 agosto 1921, Rossi è stato tra i principali autori della canzone melodica italiana del dopoguerra. Questo è un piccolo, inadeguato tributo al Maestro...

Carla Boni: Acque amare (1953, testo di Nicola Salerno, musica di C.A. Rossi)




Mina: le mille bolle blu (1961, testo di Vito Pallavicini, musica di C.A. Rossi)




Mina: e se domani (1964, testo di Giorgio Calabrese, musica di C.A. Rossi)

venerdì 26 febbraio 2010

The Who: A Quick One (1966)



Intanto c'è un titolo ambiguo ("una sveltina"), autoironico, che fu censurato negli USA (il disco uscì come "Happy Jack", dal titolo di un singolo che nella versione inglese, che qui recensisco, non è presente). E poi c'è la famosa suite da 9 minuti, la sveltina più famosa della storia della musica, "A quick one while he's away", il pezzo che apre la stagione dell'opera rock. Il 1966 è sì l'anno delle suite, ma si tratta di collage disorganici e free (come "Virgin Forest" dei Fugs) oppure lunghe jam (come "East West" della Paul Butterfield Blues Band). Qui invece c'è l'uso di varie tematiche musicali e la presenza di un narratore e di personaggi, interpretati dal cantante Daltrey, dal bassista Entwistle e dal chitarrista e principale autore del gruppo Pete Townshend. Sebbene la produzione sia abbastanza insufficiente (cosa che vale per tutto il disco), perfino inferiore agli standard dell'epoca, il brano è talmente forte da spingersi oltre le limitazioni tecniche. Il consiglio comunque è di ascoltarne la versione che propongo qui sotto, eseguita dal vivo al Rolling Stones' Rock and Roll Circus l'11 dicembre 1968.



Il resto del disco è quasi un'appendice preparatoria, un'introduzione, in cui spiccano: "Run run run" percorre quel luogo ameno tra Beatles e blues rock che percorrevano un po' tutti in quegli anni; "Boris the Spider" presenta una inquietante linea discendente di basso e la voce cavernosa del brillantissimo John Entwistle; "So sad about us" è un classico pop che non ha nulla da invidiare a nessuno, con un'armonizzazione delle voci da brividi; "Cobwebs and Strange" è una follia circense del batterista matto Keith Moon, in cui si notano i favolosi power chords di Pete Townsend. "Heat Wave" (l'unica cover, di Dozier-Holland-Dozier) non sarebbe male, se non fosse che mi ricorda in maniera inquietante "Wake me up before you go-go" dei Wham.

E' incredibile comunque il livello di maturità compositiva che dimostrano gli Who in questo che è solo il loro secondo album. Certo, al di fuori di "A quick one while he's away" non ci sono particolari sperimentazioni, ma la classe è già cristallina, l'orecchio ben impostato e l'uso della ritmica in particolare e degli arrangiamenti in generale pressoché perfetto. Se per molti gruppi questo potrebbe essere il culmine di una carriera, per gli Who ne è solo l'inizio.

Il voto della Volpe: 13,5/18

A quick one while he's away: 16/18

Cosa dicono gli altri:
Piero Scaruffi: Spiccano le eccentriche armonie di Boris The Spider e debutta la suite di dieci minuti A Quick One (un'anticipazione della rock opera). (6/10)
George Starostin: A good chance wasted. Maybe it wasn't such a great idea to suggest Daltrey and Moon start writing songs... 'A quick one while he's away' is completely groundbreaking in that it was the first true rock opera ever written (in the very sense of the word: it's Townshend who's responsible for coining the expression 'rock opera' in this exact case).

mercoledì 10 febbraio 2010

The Fugs' Second (1966)



Fugs: The Fugs (Fugs' Second)
Registrato gennaio-febbraio 1966.

Dato che circa 80 dischi pubblicati nel '66 si chiamavano "Second Album" o simili, i Fugs decisero di chiamare il loro secondo disco "Fugs" e basta, ma naturalmente la casa discografica in seguito lo ha ristampato come "The Fugs' Second", qualora voleste procurarvelo. Detto questo, chi cavolo sono i Fugs? I Fugs sono dei buontemponi che prendono il nome da Fucks, che però non si poteva dire e dunque si chiamavano Fugs. Guidati da un poeta e un cantautore, aiutati da amici musicisti, i Fugs inventarono la musica freak e aprirono le porte a tutti i fricchettoni alternativi anticonformisti e più o meno sinistronzi, da Frank Zappa a Caparezza (sì, ho messo Zappa e Caparezza nella stessa frase e non con intenti omicidi, a riprova della mia grande apertura mentale). Il culmine della carriera dei Fugs fu il tentativo di esorcizzare gli spiriti maligni del Pentagono con una cerimonia fuori dal cancello dello stesso, ma anche "Virgin Forest", la suite-collage di undici minuti che chiude il disco, non è da meno. Se anche Frank Zappa aveva in mente di scrivere delle suite del genere e infilarle in un disco di musica "rock" prima di sentire questo pezzo, sappiate che non c'è una suite nel suo primo disco che valga "Virgin Forest" - questo per dire quanto erano avanti i Fugs.

Il disco inanella una serie di allucinate canzoni sospese tra cantautorato, garage rock e gag che lo rendono godibilissimo anche senza avere i testi in mano (testi da consultare peraltro, in quanto davvero antesignani dei più brillanti esempi di musica demenziale) - e presentano anche una deliziosa ballata, "Morning Morning" (che non mancherà di imprimersi nel cervello di Lou Reed e soci, oh sì). Il disco naturalmente culmina nell'incoerente collage rumoristico di "Virgin Forest". Sì, l'ho già menzionata sopra, ma è un pezzo talmente importante da meritare non solo di essere ricordato almeno un'altra volta, ma anche di esservi descritto. "Virgin Forest" si apre con inquietanti effetti sonori e colpi di timpano rubati a "Also sprach Zarathustra" (anni prima che Kubric firmi "2001 odissea nello spazio"), ai quali seguono suoni "naturali" che anticipano di anni l'ambient new-age. Strumenti ed effetti sonori si susseguono creativamente per dare l'idea di un paradiso naturale incontaminato nel quale ci si addentra. Si passa poi a una invocazione pagana ad Afrodite, alla quale seguono altri suoni da giungla che simulano scimmie, animali, tamburi tribali e l'intromissione di esploratori bianchi nelle terre incontaminate. Poi parte il delirio, con la declamazione comica e folle di "gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo", una nuova sezione tribale con canti sguaiati vagamente ispirati, stavolta, ai canti tradizionali nativoamericani; verso i sei minuti il tutto deflagra e si ha una voce recitante sopra suoni "alieni", dopodiché si ha una interessante sezione "pseudoclassica" condotta dal piano elettrico, corredata di flauto, basso e theremin, e abbellita da spigolose dissonanze chitarristiche. Le "aperture" della prima parte, insomma, ritornano metabolizzate nella seconda, convertite in un nuovo linguaggio musicale che sarà molto influente in special modo su Pink Floyd e Frank Zappa (ma anche quei fricchettoni degli Animal Collective, come sarebbero potuti esistere senza i Fugs?). A dieci minuti, inizia l'ultimo demente, geniale corale, che sfrutta a scopi umoristici la politonalità tipica del compositore modernista americano Charles Ives. Risultato: nonostante qualche lungaggine (inevitabile quando si inventa un linguaggio compositivo quasi totalmente nuovo), la suite è un capolavoro.

Il voto della Volpe: 14/18
(composizione 6,5, innovazione 7,5)

Cosa dicono gli altri:
Piero Scaruffi: Accanto all'ironia dissacratoria dell'epico commercial Kill For Peace e della comica epilessi di Frenzy, degna parodia del rhythm and blues degli anni '50, in un campionario esagitato di stili, troneggia Virgin Forest. Questo lungo brano mitologico-equatoriale, registrato a velocità ridotta, non e` soltanto una foresta di esperimenti sonori: è anche il primo esempio di collage. (7/10)

Media pesata: NA