domenica 28 giugno 2009

2008

AGGIORNATO 18 luglio 2009

Afterhours[1][2]: i milanesi ammazzano il sabato
Omaggio all'inquietante libro "i milanesi ammazzano al sabato" di Giorgio Scerbanenco, il nuovo disco degli Afterhours è indubbiamente tra le migliori opere del rock italiano degli ultimi anni. Fin dalle battute iniziali si capisce a cosa miri la formazione di Manuel Agnelli: un rock che non si lanci né su percorsi intellettuali né sperimentali, ma che faccia del corpo il suo perno; un corpo impersonificato da suoni sporchissimi, chitarre ruvide e taglienti, figlie del grunge anni '90 eppure calate in un contesto che non è mai nostalgico, ritmi sghembi e quasi tribali (Riprendere Berlino), una voce lasciva quanto basta, il tutto accompagnato da sprazzi melodici e poetici (Naufragio sull'isola del tesoro, Musa di nessuno) in cui il gruppo milanese fa di tutto per nobilitare una forma di arte bassa, riuscendoci quasi sempre sia dal punto di vista lirico sia dal punto di vista musicale. Il disco è una sorta di blob vulcanico, di massa informe schizzata a tutto volume in un formato troppo piccolo per contenerla: certi pezzi sono lì solo come scheletri che ballano in un inferno che è la vita urbana (Neppure carne da cannone a Dio, Pochi istanti nella lavatrice), il cui maestro di sabba è un Agnelli mai come qui figlio del demoniaco Jagger che cantava la sua empatia con il diavolo. E' un disco che incarna perfettamente l'Italia di oggi, le sue ansie e soprattutto la sua incapacità a una qualsiasi forma di analisi: i testi non sono impegnati, non sono rivoluzionari, ma ne sono uno spaccato descrittivo avvolgente, a tratti ansiogeno come in Tarantella all'inazione", con la capacità di essere terrigni e sensuali sprezzando il rischio e il ridicolo ("chi affronterà i maglioncini degli insorti? blog rum e cocaina per battere il sistema?"; "musa un po' puttana, madre della mia bambina, ora che son forte so che sei più forte tu").
Si fa prima a menzionare le cose che non funzionano: si tratta di quei pochi brani in cui l'equilibrio si spezza e si cade nella noia (la title track, E' dura essere Silvan), nel ridicolo (Tutti gli uomini del presidente) o nel melenso (Orchi e streghe sono soli, brano dedicato alla figlia del cantante).
Il disco è fondamentalmente un esercizio di equilibrio tra grunge e rock, in cui il noise viene usato quanto basta a non renderlo obsoleto e a cui un'ispirazione sincera conferisce una decisiva credibilità; e l'esempio più riuscito di questa opera di bilanciamento è uno degli assoluti capolavori della band, Tema: la mia città, in cui un muro di chitarre, sbuffi di flauto impazziti e una ritmica ossessiva travolgono tutto nella più intrigante e allucinante descrizione finora pervenutaci della Milano del Duemila.

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Pubblicato: 2 maggio 2008
la Volpe: 12/18
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Akt[1]: Fraktal One (EP)
I bolognesi Akt pubblicano online gratuitamente questo EP che comprende tre brani: due cover dei King Crimson (Vroom, senza infamia e senza lode, e Starless, piuttosto eretica, in versione KC anni '80 e non troppo appropriata) ma soprattutto l'inedito Ile du Sud, nobilitato da intrecci crimsoniani della chitarra di Marco Brucale, tanto che non sarebbe apparso fuori posto su uno dei dischi della "trilogia della disciplina" della formazione di Robert Fripp.
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Pubblicato: 2008
la Volpe: 9/18

All That Remains[1]: Overcome
Nu metal melodico americano senza infamia e senza lode.

Registrato: 2008
Pubblicato: 16 settembre 2008
la Volpe: 8/18
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American Music Club[1]: The Golden Age
La copertina del disco ci dice già tutto sul contenuto: un disco semiacustico di musicisti che si sentono invecchiati e che attraversano un lago della memoria in cui seppellire i loro antecedenti infernali. Catartico per loro, forse, ma non tanto interessante per noi.

Registrato: 2008
Pubblicato: 19 febbraio 2008
la Volpe: 8/18
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Animal Collective[1]: Water Curses NUOVO!
Quattro canzoni per un EP assolutamente perdibile. Eppure non privo di qualche fascino.

Registrato: 2007-2008
Pubblicato: 5 maggio 2008
la Volpe: 10/18

Arsenico[1]: Esistono distanze
Punk melodico italiano.

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Pubblicato: 2008
la Volpe: 8/18
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Asia[1] [2]: Phoenix
Il disco che riunisce la formazione originale è la quintessenza dell'inutilità fatta musica. Non c'è davvero niente di offensivo nel disco, ma melodie obsolete, una produzione che ce la mette tutta per narcotizzare qualsiasi slancio strumentale e una durata eccessiva lasciano l'idea che questi pensionati del progressive rock possano fare di meglio. Ma forse volevate una descrizione del disco? Ok: Wetton canta in maniera ecessivamente enfatica ballate di rock anni '80 con qualche vaga reminiscenza prog. Solo per inguaribili nostalgici.
Registrato: 2007-2008
Pubblicato: Febbraio 2008
la Volpe: 7/18

Bauhaus[1] [2]: Go Away White
I Bauhaus ce la mettono tutta per confezionare un prodotto all'altezza della loro fama, a 25 anni di distanza dall'ultimo disco. Il risultato non è poi così male: nonostante qualche brano che farebbe vergognare il peggior David Bowie (International Bullet Proof Talent), gli altri brani sono, per quanto datati nel loro suono dark/anni '80 e talvolta danneggiati più che aiutati dai testi "vampirici", sufficienti a giustificare l'operazione. In particolare si difendono bene "Saved" e "Black Stone Heart". Tutto sommato, però, metterci anni per scrivere 15 minuti di buona musica su 48 non può certo essere considerato un successo.
Registrato: 2006-2008
Pubblicato: 3 marzo 2008
la Volpe: 9/18
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Baustelle[1]: Amen AGGIORNATO!
Osannato come disco dell'anno dalla discutibile critica musicale italiana, si tratta in realtà di un disco solo relativamente interessante, danneggiato da una produzione assolutamente approssimativa.
Il disco si apre con la breve introduzione pianistica di E così sia, totalmente trascurabile, per boi gettarsi su una trilogia di brani "impegnati": Colombo, in cui riferimenti a episodi della fortunata serie poliziesca fanno da pretesto a una critica del dorato mondo dell'alta società; Charlie fa surf, che fa incetta di stereotipi giovanili per smascherarli; Il liberismo ha i giorni contati, la più sferzante delle tre composizioni. Si tratta indubbiamente del culmine dell'album, nonostante, musicalmente, si sia dalle parti del disco precedente con l'aggravante di avere fatto un passo indietro nella chiarezza dei suoni (un missaggio criminale che uccide chitarre e batteria, in pezzi che potrebbero gettarsi in una direzione punk che li elevi rispetto allo standard dell'album precedente). La cosa migliore del disco sono i testi, cosa che, nello stantìo e un po' incompetente mondo della critica italiana, ha fatto loro vincere numerose lodi: e l'impegno lirico è sincero e tra i più efficaci (la struggente Alfredo, l'ode tossica di Antropophagus, la ghost track Spaghetti Western, forse il clou strumentale del disco); ma tutto questo non può redimere una musica che suona troppo come un calco del loro passato, specialmente quando la produzione compie scelte così abominevoli da avvicinarli più al power-pop che alla musica d'autore.

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Pubblicato: 2008
la Volpe: 10/18
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Beach House[1]: Devotion
Dream-pop ben confezionato, con rimandi alle atmosfere dei primi Cocteau Twins e al synth-pop anni ottanta.

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Pubblicato: 2008
la Volpe: 10/18
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Beat Circus[1]: Dreamland
Un tentativo non privo di interesse di costruire una sorta di jazz-prog gitano.

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Pubblicato: 2008
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Black Mountain[1]: In the future
La band canadese ci porta ancora una volta sulle tracce del suo indie rock, quasi hard, fortemente impastato di psichedelia anni sessanta.

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Boris[1]: Smile
Eccellente disco della formazione giapponese, intriso di psichedelia, noise, improvvisazione, rumoristica e un cantato che vaga tra un ululato spastico e una tesa, melodica aggressività.

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Pubblicato: 7 marzo 2008
la Volpe: 12/18
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Breeders[1]: Mountain Battles
Un disco di pessimo indie-folk nel quale si salvano più o meno i due minuti dell'introduzione iniziale. Triste come si sia ridotta Kim Deal dei Pixies.

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la Volpe: 6/18
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British Sea Power[1]: Do you like rock music AGGIORNATO!
I British Sea Power arrivano allo sdoppiamento in questo album rispettabile ma niente più: metà dei brani suonano come copie sbiadite del disco precedente; lights out for darker skies e Waving flags sono power-pop che prende una piega singolarmente malinconica, mescolando atmosfera retrò e tono dimesso in maniera riuscita. Eppure il vero motivo di interesse del disco è l'affascinante collage rumoristico di We close our eyes, che riprende il tema dell'overture iniziale All in it e fa sbiadire tutto il resto, lasciando più di un rimpianto, dato che molti non saranno riusciti ad arrivare a fine disco in tempo per ascoltarlo.

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Pubblicato: 14 gennaio 2008
la Volpe: 10/18
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Cesare Basile[1]: Storia di Caino
Cesare Basile cerca in ogni modo di candidarsi a peggior autore dell'anno con questa pessima accozzaglia di robaccia pretenziosa. Testi ridicoli, musiche così scontate da essere quasi parodie di se stesse, una scelta accurata dei più noiosi arrangiamenti possibili.

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Chairlift[1]: Does you inspire you

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Counting Crows[1]: Saturday Nights and Sunday Mornings AGGIORNATO!
Wow, un nuovo disco dei Counting Crows. Ascoltiamo il pezzo iniziale, 1492. Bello, bello. Ascoltiamo il resto del disco. Inutile, inutile.

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Pubblicato: 25 marzo 2008
la Volpe: 8/18
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Cure[1]: 4:13 Dream AGGIORNATO!
Robert Smith lotta per mostrarci che ha ancora qualcosa da dire oggi. Ci riesce? Ni. Diciamo che underneath the stars, il brano di apertura, è assolutamente perfetto, dark passato e triturato per tutto ciò che c'è stato nei venticinque anni successivi, un brano perfettamente riuscito e moderno. Ma il resto del disco, a parte l'occasionale, ci dice che il buon Robert è risultato esausto già al primo sforzo. Aveva bisogno di più tempo (più di due anni? ne dubito) o di maggiore ispirazione? Forse bastava fare un disco più corto...

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Pubblicato: 27 ottobre 2008
la Volpe: 9/18
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Cut Copy[1]: In Ghost Colours
Non capisco l'entusiasmo di certa critica per l'electroclash, come si chiama questa apparentemente "innovativa" commistione tra punk e disco. Ok, lo fanno con un po' di elettronica "moderna", ma fondamentalmente questo tipo di musica esiste dai tempi di Blondie e dei Talking Heads, che avevano dalla loro musicisti più fantasiosi, cantanti più intriganti e arrangiamenti meno piatti. Il suono della formazione è praticamente indistinto per tutta la lunghezza del disco...

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Dears[1]: Missiles
Un paio di brani imitano sfacciatamente i Radiohead, ma il disco nel complesso, nonostante qualche eccesso nell'uso delle tonalità struggenti, non si fa rimproverare troppo.

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Deerhunter[1]: Microcastle

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Dodos[1]: The Visiter
Il maggiore motivo di interesse sta nell'uso originale delle percussioni, messo al servizio di una composizione ritmicamente lussureggiante, tutta ballata sull'incrocio fra batteria e chitarra acustica.

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Drive-by Truckers[1]: Brighter than Creation's Dark
I Drive-by Truckers ci deliziano con una piccola gemma, una collezione di diciassette brani che fungono da summa del country-rock alternativo. Fatta salva la mancanza di particolare originalità, è la sincerità rustica che trasuda dalle tracce a evocarci una certa simpatia che predispone favorevolmente all'album.

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Earth[1]: The Bees Made Honey In The Lion's Skull
I droni hanno sicuramente dominato questi primi anni del 2000, e ammetto senza problemi che si tratta di un disco che, concettualmente, vorrei amare. Il problema è che nonostante la premessa ambiziosa di costruire monoliti granitici di rock mid-tempo intriso di droni ripetitivi, il risultato, forse inevitabile, è una certa noia. Di sicuro pochi dischi comunicano una sensazione di calore estenuante come questo, talvolta umido come in un sottobosco, talvolta arido come in un deserto. Le sonorità sono assolutamente riuscite, ma forse si sarebbero dovute impiegare per composizioni un po' più articolate. Più che di un disco vero e proprio, sembra di assistere a uno 'studio' per un disco successivo. Speriamo che sia davvero così.

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Elbow[1]: The Seldom Seen Kid
L'ennesimo sosia di Peter Gabriel su brit-pop travestito da progressive. Qualche merito deve averlo, forse una certa qualità ipnotica dei brani? Però ragazzi, sveglia, questa è roba che farebbe annoiare mio nonno del '15.

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Elio e le Storie Tese[1]: Studentessi
Bravi bravi bravi. Niente da dire a questo mitico complessino. Forse il disco nel complesso più brillante dall'epoca gloriosa di "Italian Rum Casusu Cikti". Certo che non dovrebbe essere un obbligo incidere più di un'ora di musica ogni volta - specie se il risultato è quell'orrore di Suicidio a sorpresa.

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Erykah Badu[1]: New Amerykah Part One
Wow, e io che dubitavo che ci fosse ancora del soul/R&B fatto come si deve... Non è certo roba "vecchio stampo", ma è un disco di impronta cantautorile, alla maniera dei "neri", con forte enfasi sul ritmo, alla Marvin Gaye o Stevie Wonder, allo stesso tempo senza suonare mai datato. Come tanti folksinger bianchi imbracciarono il rock nei sessanta, così Erykah Badu, soulsinger, piega alle sue necessità la black music del duemila.

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Essie Jain[1]: The Inbetween
Santinumi che disco noioso. Per fortuna che certi recensori notano l'ampia gamma di colori usati. Nella copertina forse. No, a guardarla meglio neanche in quella. State lontani da quest'album.

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Fleet Foxes[1]: Sun Giant EP
Ottimo EP di debutto per la band, ennesima a cimentarsi con il folk-rock indie americano.

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Fleet Foxes[1]: Fleet Foxes
Domanda: perché pubblicare un EP a febbraio tutto di tracce ottime che poi non compaiono sull'album per essere sostituite da pezzi mediocri?

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Fuck Buttons[1]: Street Horrrsing
Eccellente disco di elettronica esplosiva, assolutamente consigliato. Non per tutti i gusti e soprattutto non per tutti i momenti. Diciamo che non è consigliabile sentirlo dopo aver bevuto troppi caffé, e neanche se ci si sta cercando di rilassare. Se siete a una festa e siete tutti impasticcati, ecco, allora è IL disco ideale.

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Genio[1]: il Genio
Ok, non sono odiosi come si potrebbe pensare ascoltando solo "Pop Porno". Però su dai eh, non esageriamo. C'è gente che l'ha definito disco dell'anno. Forse nel 1981, e solo se ascoltavate solo synth-pop.

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Giusy Ferreri[1]: Gaetana AGGIORNATO!
Stupito in positivo! Se lei e Tiziano Ferro avessero fatto un disco in due, quest'anno, ci scappava il sorpresone pop. Consigliate soprattutto cuore assente e piove, accettabili l'amore e basta (con Tiziano Ferro ospite, totalmente sprecato, cribbio, ma dov'erano i produttori? a guardare il film dei Transformers?) e in assenza (e, se non l'avete sentita 100000 volte per radio, novembre). Sembra incredibile ma in Italia è impossibile avere un album con dei suoni di batteria decenti, un problema che condanna a morte anche metà dei pezzi di Tiziano Ferro.

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la Volpe: 9/18
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Goldfrapp[1]: Seventh Tree
Impressione di stanchezza. Lei ha classe, però. Alison, dico. La cantante, perdio!

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Gutter Twins[1]: Saturnalia
Questo mi è piaciuto.

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Harvey Milk[1]: Life... The Best Game In Town


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il bacio della medusa[1]: discesa all'inferno d'un giovane amante NUOVO!
Giunta al secondo disco, questa formazione progressive commette un errore madornale (e lasciamo perdere le citazioni della Divina Commedia): utilizzare i soldi messi da parte con le vendite del primo disco per usare suoni che sono assolutamente caratterizzanti del prog melodico italiano dei primissimi anni settanta. Ora, qualcuno dovrebbe spiegargli che sono passati trent'anni. Il disco sarà anche impeccabile, ma la nostalgia fine a se stessa non porta da nessuna parte. Capito? Nessuna. Ancora si salvano con la classe, ma o si comincia a nuotare o da qui in avanti si può solo affondare.

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Julian Cope[1]: Black Sheep
Da un lato Julian Cope gioca a fare il Lou Reed inglese, dall'altro rievoca gli Stranglers. Con alcuni momenti di classe sopraffina.

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Kaiser Chiefs[1]: Off with their heads
Riguardando i voti che ho dato man mano che ascoltavo i dischi, rimango decisamente stupito davanti a questo 9/18 dato ai Kaiser Chiefs. Nel mio ricordo infatti c'era un disco che a malapena avevo giudicato tollerabile, e che si poneva sul gradino più basso dei "salvati", a un passo appena dai "sommersi" e solo grazie a Tomato in the Rain. Necessita assolutamente di un nuovo ascolto.

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KD Lang[1]: Watershed

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Last Shadow Puppets[1]: The Age of Understatement


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Laura Marling[1]: Alas I cannot swim
Perché la gente che ha 3 o 4 canzoni decenti non si limita a pubblicare degli EP invece di voler per forza fare un disco?

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Long Blondes[1]: Couples
Ricordo chiaramente la noia.

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M83[1]: Saturdays = Youth
Disco ok, troppo lungo per la quantità di idee che risultano diluite.

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Magnetic Fields[1]: Distortion
Bello. Pop inquietante figlio del punk e distorto in maniera estrema (ma mai violenta) con voce femminile e maschile che si dividono i compiti.

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Maria Mena[1]: Cause and Effect
Magari mi sto ammorbidendo con gli anni, ma anche se vorrei tanto non riesco a buttare a mare neanche questo disco della norvegio-ecuadoregna Maria Mena. Pop romantico femminile se ce n'è mai stato uno; ma qualche canzone è gradevole, mi tocca ammetterlo.

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Mars Volta[1]: The Bedlam in Goliath
Ora che ho sentito i dischi precedenti della band mi sa che mi tocca risentire questo e fare una recensione come si deve.

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Matmos[1]: Supreme Balloon
Sto cercando di capire se sono io che conosco troppa poca elettronica o se effettivamente si tratta di un disco interessante.

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Motorpsycho[1]: Little Lucid Moments
La band norvegese trasuda energia da tutti i pori.

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Mountain Goats[1]: Heretic Pride
Tra folk-rock e indie.

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Nick Cave & The Bad Seeds[1]: Dig Lazarus Dig
Ho bisogno di ascoltare meglio questo disco che non mi ha troppo impressionato, per quanto qualcosa mi ricordi il miglior John Cale. Per ora gli do un voto positivo sulla fiducia, ma le cose potrebbero cambiare se, contrariamente alle mie previsioni, il disco non riuscirà a farsi strada sottopelle.

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Nine Inch Nails[1]: The Slip
E' l'anno dei ritorni letargici? I Nine Inch Nails sembrano essere stati passati dentro un frigorifero emozionale e poi scongelati lentissimamente alla primavera nel deserto del Gobi, fra suoni elettroacustici e respiri al rallentatore.

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No Age[1]: Nouns
Energia punk!

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Noah and the Whale[1]: Peaceful, the world lays me down
Gruppo di pop-rock inglese dei "buoni sentimenti". Potrebbero fare MOLTO peggio di così.

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Nosound[1]: Lightdark


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Okkervil River[1]: The Stand-Ins

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Old 97's[1]: Blame it on Gravity

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Opeth[1]: Watershed

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Queen + Paul Rodgers[1]: The Cosmos Rocks
Vi prego, fermate May e Taylor prima che sputtanino definitivamente il nome dei Queen... Oh no cazzo! Hanno già pubblicato questo disco. L'idea di richiamare Paul Rodgers, che già nel 1973 era un pensionato del blues-rock, non è stata molto buona. Se c'è una cosa per cui i Queen sono apprezzati nel mondo del rock-metal è perché sono stati tra i primi a fare hard-rock del tutto privo di blues. Cercare di rimettercelo quasi quarant'anni dopo non può che partorire questo Frankenstein che fa quasi rimpiangere Pavarotti & Friends. Quasi.

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R.E.M.[1]: Accelerate


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Revolution Renaissance[1] : New Era
Il disco si chiama "New Era" ma a dire il vero Timo Tolkki ci ripropone quello che già faceva da anni con gli Stratovarius. Il disco è talmente interessante che preferisco parlare delle sue vicende personali: Tolkki è mezzo impazzito, ha litigato con la sua band, è stato ricoverato, poi è tornato, ha cacciato tutti e, accusato di averlo fatto per motivi economici, ha regalato legalmente il nome Stratovarius agli altri quattro e se ne è andato per fare la sua musica altrove.

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Roberto Gori[1]: la Fine del Canto
Traccia demo di un musical, con diversi motivi di interesse ma anche parecchi di noia. Ricorda in qualcosa "Freudiania" di Eric Woolfson e Alan Parsons.

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She and Him[1]: Volume One
Quattro pezzi validi, il resto puro riempitivo per mettere in piedi un album. Folk-pop della scuola di Portland. Molto gradevole la voce della cantante, nientepopodimeno che l'attrice americana Zooey Deschanel.

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Sheryl Crow[1]: Detours


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Sigur Ros[1]: Með suð í eyrum við spilum endalaust
In questo album i Sigur Ros mostrano di avere tutta l'intenzione di rinnovarsi, ed è un'intenzione sincera anche se schizoide, che li spinge a due estremi alquanto strani: da un lato brani dall'andamento gioioso e incalzante, alquanto insoliti nel loro repertorio; dall'altro minimalismi sonori. Il disco funziona però perlopiù nel primo caso. Tutti i brani vivaci sono infatti riusciti.

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Snow Patrol[1]: A Hundred Million Suns
Pop-rock.

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Spiritualized[1]: Songs in A&E


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Stephen Malkmus[1]: Real Emotional Trash

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Sun Kil Moon[1]: April
Hanno qualcosa da dire, sospeso fra folk e indie.

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The Academy Is[1]: Fast Times at Barrington High
Nel campo dell'emo da liceali, sicuramente un'opera che si lascia ascoltare.

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Thee Silver Mt.Zion Memorial Orchestra[1]: Thirteen Blues for Thirteen Moons
Messi in mano ai Motorpsycho e affidati a un cantante decente, forse questi quattro brani di psichedelia moderna, che durano complessivamente un'ora, giustificherebbero la loro esistenza. Stando così le cose, lo fanno solo a tratti, dando l'impressione di essere degli eccellenti demo da rielaborare poi con una band di musicisti energici e desiderosi di lasciarsi andare a briglia sciolta.

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Tiziano Ferro[1]: Alla mia età
Tiziano Ferro ce la mette tutta a fare un disco "serio" in cui mostrarsi finalmente "maturo" (dopo brani che inneggiavano al sesso con la Carrà). Purtroppo sostituisce ai brani dementi dei brani noiosi; e spariscono un po' di spigoli ritmici sui quali avrebbe potuto costruire una dance più intrigante della media. Così, archiviate la tua vita non passerà e alla mia età, manifesti del disco, restano le collaborazioni con Fossati (Indietro, basata sul tema dell'onnipresente Canone di Pachelbel) e Battiato (il tempo stesso). Del resto, appena tracce per le fan romantiche un po' più cresciute. Peccato, perché il ragazzo avrebbe anche talento, ma se questo è il massimo che può fare quando si applica, allora è un po' sprecato.

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Tricarico[1]: Giglio
Ok, Tricarico è simpatico e scrive testi che denotano una certa brillantezza. Detto questo, bisogna prenderlo per il verso giusto oppure è finita. Penso di averlo preso per il verso giusto: "Oroscopo", "Vita tranquilla" e "un'altra possibilità" sono degne del repertorio di un cantautore maturo; "Pomodoro" ci rimanda alla simpatica follia del personaggio; il resto è perlopiù trascurabile.

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Trivium[1]: Shogun
Metal.

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TV on the Radio[1]: Dear Science
Buona commistione di generi "neri" e "indie", una miscela sufficientemente originale ma che va indubbiamente paragonata agli esiti precedenti della band.

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Vampire Weekend[1]: Vampire Weekend
Altro gruppo di beniamini della critica. E io che pensavo che da "Graceland" di Paul Simon fossero passati 22 anni!

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Van der Graaf Generator[1]: Trisector
Rimasti in tre, i Van der Graaf, privi del sassofonista David Jackson, vogliono dimostrare di valere altrettanto da soli. Il disco si salva in corner dall'essere indicato all'oblio, ma rimane comunque trascurabile.

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Walkmen[1]: You & Me
Davvero niente male questo brano di lamentoso rock simil-cantautoriale.

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Wolf Parade[1]: At Mount Zoomer
Forse se non uscissero dozzine di dischi indie costruiti più o meno sulla stessa falsariga si potrebbe trovare qualcuno da incensare - ma questo è in un certo senso il limite dell'arte moderna, che ci riversa addosso tale e tanta quantità di gente che persegue idee similari da rendere un po' superfluo molto di quel che succede. Forse ci sono troppi artisti, e quindi troppe persone che, indipendentemente, "inventano la ruota". Fatto sta che i Wolf Parade NON inventano la ruota, ma ci lasciano un disco di tutto rispetto.

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Xiu Xiu[1]: Women as Lovers
Gli Xiu Xiu si confermano una delle realtà più interessanti degli anni '00. Esilarante la versione di "Under Pressure" dei Queen con Michael Gira (Swans, Angels of Light) alla voce. Fantastiche le esplosioni di rumore che impreziosiscono le canzoni di scariche che ricordano macchinari implacabili di una fabbrica infernale.

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2 commenti:

Skarn86 ha detto...

Ho preso nota di alcune cose che meritano un ascolto.

Ma tu non faresti però meglio ad andare a letto ad una certa ora?

la Volpe ha detto...

di che cosa hai preso nota, amico skarn?
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