mercoledì 10 febbraio 2010

The Fugs' Second (1966)



Fugs: The Fugs (Fugs' Second)
Registrato gennaio-febbraio 1966.

Dato che circa 80 dischi pubblicati nel '66 si chiamavano "Second Album" o simili, i Fugs decisero di chiamare il loro secondo disco "Fugs" e basta, ma naturalmente la casa discografica in seguito lo ha ristampato come "The Fugs' Second", qualora voleste procurarvelo. Detto questo, chi cavolo sono i Fugs? I Fugs sono dei buontemponi che prendono il nome da Fucks, che però non si poteva dire e dunque si chiamavano Fugs. Guidati da un poeta e un cantautore, aiutati da amici musicisti, i Fugs inventarono la musica freak e aprirono le porte a tutti i fricchettoni alternativi anticonformisti e più o meno sinistronzi, da Frank Zappa a Caparezza (sì, ho messo Zappa e Caparezza nella stessa frase e non con intenti omicidi, a riprova della mia grande apertura mentale). Il culmine della carriera dei Fugs fu il tentativo di esorcizzare gli spiriti maligni del Pentagono con una cerimonia fuori dal cancello dello stesso, ma anche "Virgin Forest", la suite-collage di undici minuti che chiude il disco, non è da meno. Se anche Frank Zappa aveva in mente di scrivere delle suite del genere e infilarle in un disco di musica "rock" prima di sentire questo pezzo, sappiate che non c'è una suite nel suo primo disco che valga "Virgin Forest" - questo per dire quanto erano avanti i Fugs.

Il disco inanella una serie di allucinate canzoni sospese tra cantautorato, garage rock e gag che lo rendono godibilissimo anche senza avere i testi in mano (testi da consultare peraltro, in quanto davvero antesignani dei più brillanti esempi di musica demenziale) - e presentano anche una deliziosa ballata, "Morning Morning" (che non mancherà di imprimersi nel cervello di Lou Reed e soci, oh sì). Il disco naturalmente culmina nell'incoerente collage rumoristico di "Virgin Forest". Sì, l'ho già menzionata sopra, ma è un pezzo talmente importante da meritare non solo di essere ricordato almeno un'altra volta, ma anche di esservi descritto. "Virgin Forest" si apre con inquietanti effetti sonori e colpi di timpano rubati a "Also sprach Zarathustra" (anni prima che Kubric firmi "2001 odissea nello spazio"), ai quali seguono suoni "naturali" che anticipano di anni l'ambient new-age. Strumenti ed effetti sonori si susseguono creativamente per dare l'idea di un paradiso naturale incontaminato nel quale ci si addentra. Si passa poi a una invocazione pagana ad Afrodite, alla quale seguono altri suoni da giungla che simulano scimmie, animali, tamburi tribali e l'intromissione di esploratori bianchi nelle terre incontaminate. Poi parte il delirio, con la declamazione comica e folle di "gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo gabbo", una nuova sezione tribale con canti sguaiati vagamente ispirati, stavolta, ai canti tradizionali nativoamericani; verso i sei minuti il tutto deflagra e si ha una voce recitante sopra suoni "alieni", dopodiché si ha una interessante sezione "pseudoclassica" condotta dal piano elettrico, corredata di flauto, basso e theremin, e abbellita da spigolose dissonanze chitarristiche. Le "aperture" della prima parte, insomma, ritornano metabolizzate nella seconda, convertite in un nuovo linguaggio musicale che sarà molto influente in special modo su Pink Floyd e Frank Zappa (ma anche quei fricchettoni degli Animal Collective, come sarebbero potuti esistere senza i Fugs?). A dieci minuti, inizia l'ultimo demente, geniale corale, che sfrutta a scopi umoristici la politonalità tipica del compositore modernista americano Charles Ives. Risultato: nonostante qualche lungaggine (inevitabile quando si inventa un linguaggio compositivo quasi totalmente nuovo), la suite è un capolavoro.

Il voto della Volpe: 14/18
(composizione 6,5, innovazione 7,5)

Cosa dicono gli altri:
Piero Scaruffi: Accanto all'ironia dissacratoria dell'epico commercial Kill For Peace e della comica epilessi di Frenzy, degna parodia del rhythm and blues degli anni '50, in un campionario esagitato di stili, troneggia Virgin Forest. Questo lungo brano mitologico-equatoriale, registrato a velocità ridotta, non e` soltanto una foresta di esperimenti sonori: è anche il primo esempio di collage. (7/10)

Media pesata: NA

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