
Beatles: Revolver
Registrato aprile-giugno 1966, pubblicato agosto 1966.
John, Paul, George e Ringo hanno bisogno di presentazioni? No. "Revolver" è il migliore disco dei Beatles? Può essere... Sicuramente è uno dei prodotti più interessanti del quartetto di Liverpool, e uno dei più significativi album dell'anno. Si apre con la brillante "Taxman", in cui Harrison fa subito sua la lezione chitarristica di Roger McGuinn in "Eight Miles High" dei Byrds (tralasciamo il testo un po' sciocco e reazionario). Poi arriva uno dei maggiori capolavori dei Beatles e uno dei maggiori esempi di pop barocco: "Eleanor Rigby", in cui McCartney declama solenne accompagnato solo dalla splendida orchestrazione di George Martin e dai cori dei colleghi. "Love you to", condotto dal sitar di Harrison (il sitar stava ovviamente diventando di moda, e i Beatles l'avevano già usato in "Norwegian Wood" l'anno prima) è un bell'esperimento nell'uso di armonie orientali.
"She said she said", fra i primi inni psichedelici del quartetto, è uno dei migliori risultati del disco, con una tipica base ritmica sghemba di Ringo e cambi di tempo interessanti sui quali la voce di Lennon si snoda sinuosamente. Il prossimo pezzo notevole è "For no one", altro brano di ispirazione classicheggiante, condotto dal clavicembalo di McCartney e con un piacevole assolo di corno francese. Buone anche "Doctor Robert" (in particolare il bridge psichedelico) e "Got to get you into my life" (in particolare la strofa).
Il finale è affidato a "Tomorrow never knows", ancora una volta condotto da un magistrale ritmo di batteria di Ringo e idealmente complementare a "She said she said" (come "For no one" lo è a "Eleanor Rigby"), rispetto alla quale presenta una maggiore compiutezza, con chitarre "rovesciate" tese a ricreare una atmosfera da incubo lisergico.
Oltre a questi brani (e al mistero costituito dalla filastrocca "Yellow Submarine", cantata da Starr e obiettivamente imperscrutabile al punto da suonarmi inquietante quanto un pagliaccio assassino), il disco presenta alcuni riempitivi ("I'm only sleeping", "Good day sunshine", della quale si ricordano solo i tre secondi finali con un coro che meriterebbe altra destinazione che non una coda, "Here there and anywhere", che vien sempre buona per le ragazzine romantiche, "And your bird can sing", "I want to tell you") che ne sminuiscono la sostanza - ma questo, nel 1966, accadeva fin troppo, ed è continuato ad accadere fino a oggi (d'altra parte, finché, per motivi commerciali, non si preferirà avere dischi di 60 minuti di cui la metà da buttare a dischi di 20 minuti coerenti e compiuti, non si potrà uscire da questo circolo vizioso).
Brani come "Eleanor Rigby", "She said she said" e "Tomorrow never knows", a ogni modo, hanno avuto una notevola influenza e meritano di diritto un posto nella storia del rock - così come questo disco davvero splendido.
Il voto della Volpe: 14/18
(7 innovazione, 7 composizione)
Cosa dicono gli altri:
Piero Scaruffi: Con questo album i Beatles si allontanarono ancor piu` dalla musica rock e si avvicinarono alle orchestrine di musica leggera e in particolare al pop del Brill Building, del quale genere infatti questo album rimane paradossalmente un capolavoro. (5/10)
George Starostin: LSD, experimentation, sitar - and all this to a background of the best Beatles' charm... This is the first album in a string of probably the finest products rock has ever given out. (15/15)
Media pesata: 6,83
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